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Residenza 17 - Giulia Bean

DIALOGHI / RESIDENZE DELLE ARTI PERFORMATIVE A VILLA MANIN

Residenza 17
Villa Manin, Spazio Residenze
GIULIA BEAN (IT)
15 - 30 giugno 2019
Cabe, a VHS Elegy

Residenza_17_Giulia_Bean per sito.jpg

Think ALONGside the box
3 colloqui con l'artista prima della restituzione finale
domenica 16 giugno
giovedì 20 giugno
giovedì 27 giugno
ore 20
Max 12 persone
per partecipare è necessario scrivere a: residenzevillamanin@cssudine.it 
(per maggiori informazioni, leggere i dettagli sulle apertura più sotto)


Residenza aperta al pubblico
domenica 30 giugno 2019 ore 20
Villa Manin di Passariano, Spazio Residenze 
ingresso libero, prenotazione consigliata: t.+39 0432 504765, residenzevillamanin@cssudine.it 

Equipe in Residenza
Giulia Bean, coreografa, performer
Chiara Braidotti, dramaturg
Vittoria Guarracino, cura del movimento
con il supporto di TRAC_Centro di residenza teatrale pugliese - Crest - TaTÀ di Taranto

Concept del lavoro in Residenza
“L’idea di questo progetto nasce da una scoperta familiare. 
A dieci anni dalla scomparsa di mio padre ho (ri)scoperto il suo archivio di videocassette:
349 VHSs di film registrati in LP dalla televisione, numerate sulla costa laterale. 
Il motivo di tali registrazioni? Ad oggi rimane ignoto ed è una delle domande senza risposta di questo progetto. L’unico dato certo resta l’arco temporale di questa raccolta, iniziata alla fine degli anni Ottanta e terminata attorno al principio del nuovo millennio, quando la mamma si ammalò.
Mio padre, curioso di natura ma con un lavoro, una famiglia e una passione ordinaria inizia questa impresa titanica che si conclude con l’inizio dell’era dei DVD. Sulle videocassette non sono riportati né titolo né provenienza del materiale, la lista con queste informazioni mio padre la custodiva gelosamente in un taccuino logoro che è andato perduto assieme a lui. 
Visionando l’archivio come una scienziata, ho cercato se vi fossero delle dinamiche ricorrenti, se la scelta dei film fosse determinata dal caso o dal palinsesto televisivo. Forse, se decantassimo questi titoli uno dopo l’altro, sveleremmo l’esistenza di un disegno logico più grande alla loro base. O forse no. Forse solo mio padre conosceva il legame segreto tra un film e l’altro - seconda grande domanda a cui non ho risposta. E così possiamo trovare cassette monotematiche su Woody Allen, cinepanettoni accostati a film selezionati al festival di Cannes, o ancora Kurosawa e un porno fine anni Ottanta.

Nel processo di rivedere le videocassette ho scoperto che mio padre non era l’unico a voler incastrare il presente per strapparlo ad un futuro incerto.
Per diversi motivi, il suo archivio si avvicina molto alle Time Capsules di Andy Warhol. Durante gli ultimi tredici anni della sua vita, l’artista ha catalogato e preservato oggetti di varia natura in alcune scatole – tra le 608 e le 610, contenenti più o meno 300.000 oggetti. A volte, al numero della scatola corrisponde il numero degli oggetti contenuti, ma non è sempre così. All’interno di queste Time Capsules troviamo le cose più disparate, tracce di un presente di fine anni Settanta in cui la cultura pop straccia i parametri artistici precedenti: biglietti di gallerie, pubblicità postali, cibo in scatola, lettere dei fan mai aperte, un piede mummificato, oggetti usati e oggetti ancora nelle confezioni originali.

Riaprendo questo archivio ho nutrito la mia domanda interna di ricerca coreografica. 
E qui arriva Cabe, Carlo Bean, mio padre. 
La resa scenica di questo processo è la creazione di un universo parallelo, una quarta dimensione oltre la quarta parete in cui coabitino il movimento e una vallata di videocassette. In un mondo ricoperto di plastica e nastro magnetico nasce Cabe, una creatura senza tempo che vive nella memoria e ci accompagnerà in questo ultimo viaggio: un’elegia per un essere ancora vivo. Tra una danza con un manichino di videocassette, un muro di scatole vuote da abbattere e un labirinto composto da nastro magnetico, si confrontano i titoli dei film e i racconti taglienti sulla figura del padre.
L’ambiente, come una giungla di plastica e liane di nastro magnetico, condiziona il corpo scenico. L’intero processo è il ciclo vitale che collega memoria collettiva e memoria personale, dove ognuno trova e ritorna ai tesori frammentari dei ricordi seguendo il sentiero di un movimento.
Oggetti e movimenti sono reliquie da custodire gelosamente. 
Pubblico e interprete sono assieme archeologi e neurologi alla ricerca di quel luogo
cerebrale intorno al cuore del ricordo, elementi attivi compresenti in questo ambiente surreale.

Progettualità
Il progetto vuole essere una ricerca che si sviluppi in profondità e non in ampiezza, scavando con il corpo negli archivi analogici e negli schedari del sentimento. 
Un lavoro per tappe, di cui il movimento e la partitura coreografica restituite al pubblico in questa occasione siano solamente il punto di partenza per approdare a una creazione più ampia e matura in futuro. 
Cabe, a VHS Elegy, è il primo episodio di un’analisi non logica dello spettro emozionale di un uomo comune.

Nell’arco dei quindici giorni di residenza si andrà a lavorare sui tre macro elementi che compongono l’apparato Cabe: la drammaturgia, il rapporto con la musica e la costruzione di un ambiente scenico. 
Assieme a me, saranno invitate a lavorare e sperimentare anche Chiara Braidotti, per la drammaturgia, e Vittoria Guarracino, che curerà la parte sul movimento”.
Giulia Bean

3 APERTURE IN DETTAGLIO:

Think ALONGside the box_
3 colloqui con l'artista prima della restituzione finale
Domenica 16 giugno
Giovedì 20 giugno
Giovedì 27 giugno
ore 20
Max 12 persone
per partecipare è necessario scrivere a: residenzevillamanin@cssudine.it 

Mettere tutto in una scatola. Chiudere, archiviare e, forse, riaprire.
Andy Warhol all'età di 28 anni ha iniziato ad archiviare in delle scatole gli oggetti più disparati. Una volta che le scatole erano piene, le sigillava e le stipava in un magazzino preso in affitto. Unico requisito: aprirle dopo la morte.

Queste scatole sono state denominate da Warhol stesso Time Capsules, capsule del tempo. Delle ben 610 presenti nell’archivio della fondazione non tutte sono state aperte. Nelle Time Capsules troviamo gli oggetti più diversi, rilevanti o meno, sempre traccia del
quotidiano dell'artista. Come nel pensiero caro alla cultura pop, in queste memorabilia non c’è un significato intrinseco o una logica da ricercare, c’è solo molto da mostrare.
Durante la residenza vogliamo condividere attraverso incontri serali testimonianze proventi dalle nostre scatole dei ricordi, parti del nostro archivio famigliare, vulnerabile e complesso. 

Concretamente, invitiamo un gruppo di persone a esplorare le key words di questo progetto (paternità, archivio, esperienza di essere figli) sbirciando dentro le nostre Time Capsules e portando oggetti e racconti provenienti dalle proprie. Attraverso questi incontri offriamo lo spazio adatto a interrogare in compagnia ciò che magari avevamo dimenticato, confinato in cantina o in soffitta, soprattutto sotto forma di filmati o diapositive di famiglia.
L’idea è di creare un’ecosistema di condivisione analogica che ci possa aiutare ad arricchire di episodi l'aspetto drammaturgico del nostro lavoro o semplicemente mettere in discussione e meglio comprendere il nostro vissuto. Vogliamo adattare il nostro meccanismo di ricerca a una condivisione biunivoca di esperienze con la possibilità di riportarne alcune all'interno dello spettacolo, naturalmente previo consenso di chi con noi le ha condivise durante incontri.

Per Andy, ogni traccia del tempo presente era valida testimonianza per il futuro. Il nostro invito è di aprire la scatola corporea che ci rende accumulatori seriali di ricordi e reminiscenze per creare mettere il nostro passato a servizio del tempo attuale. Ogni istante,
oggetto, foto, racconto, video condiviso sarà formerà parte di una memoria collettiva in costante moto creativo. Un perpetuo rimescolamento e trasloco di ricordi.
Se non c’è posto, o se non ce la fate a venire ma volete essere anche voi esploratori (o solamente essere famosi per 15 minuti), la residenza sarà totalmente aperta alla condivisione digitale. Se volete spiare il nostro lavoro, durante il periodo residenziale aggiorneremo quotidianamente le nostre pagine social (@Cabe.AVhsElegy su Instagram, Twitter e Facebook). Se volete invece condividere con noi una vostra perla d’archivio potete scrivere una mail a cabe.avhselegy@gmail.com

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T. +39 0432 504765 info@cssudine.it

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