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Udine | Teatro S. Giorgio
6 gennaio 1997
19 gennaio 1997

Gloria del teatro immaginario

Con questa nuova commedia interpretata da Luigi Lo Cascio e Rita Maffei, Giuliano Scabia completa il ciclo del Teatro Vagante iniziato con Fantastica Visione.

locandina
anno
1997
testo
commedia camminante di Giuliano Scabia
regia
Alessandro Marinuzzi
interpreti
Emanuele Carucci Viterbi, Luigi Lo Cascio, Rita Maffei
scene/luci
scenografia e costumi Andrea Stanisci, disegno luci Alberto Bevilaqua
musiche
Paolo Terni
e...
assistente alla regia  Federica Mangilli
assistente ai costumi Sandra Giuseppini
assistente alle musiche Patrizia Troiani
produzione
CSS Teatro stabile di innovazione del FVG

Abbiamo scelto quattro anni fa di riportare in teatro alcune delle storie di Giuliano Scabia, legando una fase importante del lavoro del nostro Centro alla sua scrittura e alle sue visioni. Quest'anno Giuliano Scabia ha accettato di scrivere per il nostro teatro un nuovo testo, trasformando l'ultimo atto di un ciclo a lui dedicato nell'occasione di un nuovo inizio, di un suo ritorno alla scrittura per il teatro. Fuori da un teatro, in un ex-macello della Francia, spazio ristrutturato per la creazione culturale, abbiamo fatto rivivere i personaggi di una fantastica e gentilmente orrorifica visione contemporanea (Fantastica Visione Vision Fantastique a Chalon-sur-Saône, in coproduzione con l' "Abattoir", il 25 febbraio del 1993), la stagione seguente ti abbiamo portati in Italia e riambientati in una vera officina-deposito dell'Azienda Municipalizzata dei Trasporti (Fantastica Visione Vision Fantastique, a Udine, il 14 ottobre del 1993). Ancora fuori da un teatro, nei saloni al piano terra di un antico palazzo abbandonato, che un tempo ospitavano un animatissimo negozio di stoffe, abbiamo fatto ascoltare agli spettatori i dialoghi degli animali di una foresta, che a loro volta ascoltavano commentando quelli di due innamorati (Commedia del poeta d'oro, con bestie, a Udine, il 27 ottobre del 1994). Quelle che avevamo letto e scelto di rappresentare tra i testi già scritti di Scabia erano una favola sulle inderogabili necessità di consumo di una comunità e la favola di una storia d'amore a cui assistono animali parlanti. Gloria del teatro immaginario che Scabia ci ha dedicato è invece un viaggio iniziatico, una favola sulla filosofia, di scoperte e di domande e di stupori.


Per il quarto anno la scrittura leggera e visionaria del suo teatro segna il nostro teatro. Non avremmo immaginato, all'inizio di questo percorso, che riprendendo dei testi scritti non pochi anni fa avremmo alla fine potuto presentare un nuovo testo di Scabia per il teatro. Ci sono delle esperienze, delle iniziative, dei periodi che riescono a segnare più marcatamente di altre un teatro, definendone una qualità meno generica, rendendone più evidenti il carattere e i tratti. Con le storie di Giuliano Scabia che abbiamo portato in scena e nel lavoro di tutti gli artisti che le hanno fatte diventare teatro a Udine in questi anni, il Centro ha segnato un periodo importante della propria vita e delle proprie scelte. Per portare nuovamente in scena gli spettacoli vecchi e nuovi di Scabia si è creato in questi anni un gruppo di artisti e di lavoro, che su questa drammaturgia dello stupore e della visione hanno rafforzato o iniziato esperienze comuni e trovato -con quella di Scabia- una propria lingua comune. Per Vision Fantastique, per Fantastica Visione, per Commedia del poeta d'oro, con bestie e ancora per Gloria del teatro immaginario (con cui Giuliano Scabia forse conclude il Ciclo del Teatro Vagante) è tutto un piccolo mondo (un teatro) che si è messo in marcia, ognuna delle volte in un luogo e verso un luogo diverso, attraversando una nuova poesia teatrale e i dialoghi dei suoi protagonisti e il narrare del suo autore. È un'idea di teatro che in questi anni il nostro teatro ha incontrato e condiviso, offrendo e imparando ogni volta successiva un modo più leggero e intenso di guardare e di dire il mondo, durante un viaggio sufficientemente lungo per non essere occasionale, cosi (non solo metaforicamente) "vagante" da assegnare ad ogni nuova tappa il valore di un nuovo inizio.
Centro Servizi e Spettacoli di Udine

Quando i responsabili dell'Abattoir mi proposero di realizzare uno spettacolo nell'ex-macello regionale, mi tornò subito in mente Fantastica Visione. Chiesi perciò a Giuliano Scabia, del quale avevo seguito alcune lezioni al Dams, il permesso di poterla rappresentare. Un incontro fra due persone, certo. Ma, soprattutto, un incontro fra un testo e uno spazio: era proprio lo spazio di quel mattatoio ad aver scelto il testo... Dopo aver visto la messa in scena, Scabia mi disse di esserne stato conquistato e sconvolto. È da quel momento che abbiamo cominciato a riconoscerci l'uno nel lavoro dell'altro...
L'inferno: Fantastica Visione Vision Fantastique
È uno spettacolo viscerale. Uno spettacolo carico di immagini spaventose, particolarmente spaventose perché fanno parte di questo mondo. Indaga l'inferno dentro di noi, quella pulsione che ci porta a desiderare la vita e la morte nello stesso momento... Se qualcuno ha giudicato il testo di Scabia un po' datato, in alcuni passaggi, io l'ho collegato piuttosto a una riflessione antropologica sulla relazione fra desiderio e consumo. È stata, in ogni caso, una mia privata chiave di lettura che non mi è mai interessato rendere manifesta: la nostra ricerca di amore si è modificata a causa della minaccia mortale dell'Aids... L'operazione teatrale vera e propria si è invece sviluppata lungo due tracciati: quello in Francia, basato sulla centralità dello spazio della macelleria, e quello a Udine, in cui la prospettiva scenica si è completamente rovesciata. La scelta dell'officina di fronte al cimitero, cosi "decentrata" e 'marginale" rispetto alla città, ha fatto affiorare gli aspetti più sinistri e ciò che Scabia definisce "la disarmonia del presente"...
La Terra: Commedia del poeta d'oro, con bestie
Un nuovo rapporto fra narrazione e visione, una "polifonia narrativa". E un nuovo rapporto fra spazio e narrazione. Le sfide non erano poche: mi trovavo nelle condizioni di dover vedere l'invisibile, di dover rappresentare l'irrappresentabile, di dover risolvere le mise-en-abyme di un testo mai portato in scena prima. Un testo che, a differenza di quanto era successo con il precedente, affrontavo nella globalità del suo materiale verbale scritto. Se Fantastica Visione era uno spettacolo di viscere, Commedia del poeta d'oro, con bestie era uno spettacolo di cuore, una "commedia terrena" per parlare di poesia e di amore.
Amore generatore di poesia, poesia generatrice di amore... Rappresentare quel testo, decidere di affrontare quei temi, è stata anche una scelta "politica": qualcosa che forse non molti hanno notato... Una provocazione rispetto alla tendenza -tuttora radicata- di ridurre la realtà in termini economici, di mercato e di contrattazione...
Il Cielo: Gloria del teatro immaginario
Non più una coppia di innamorati, come in Commedia del poeta d'oro, con bestie, ma un Uomo e una Donna che compiono un percorso iniziatico, interrogandosi sul senso delle origini del mondo e dell'esistenza. Due viaggiatori che cercano di risalire all'ultima verità, affrontando un percorso disseminato di prodigi... Se i testi sono come persone appena nate, come dice Scabia, questo testo è il bozzolo della crisalide. E la nuova sfida è proprio riuscire a mettere a fuoco l'approccio a un testo che non posso considerare come definitivo: è come se dovessi capire com'è un bambino mentre si trova ancora nella pancia della madre... Gloria del teatro immaginario è
una "commedia celeste", Una favola filosofica.
E la filosofia non è una materia astrusa che qualcuno ha studiato al liceo, ma autentica sapienza amorosa...
da una conversazione di Gianmatteo Pellizzari con Alessandro Marinuzzi, 27 novembre 1996

Spesso, da quando ho scritto Fantastica Visione (1973), ho avuto in mente il titolo Gloria del teatro immaginario: quasi una frase incantatoria, un nome-frase dentro cui sognare. Sotto questo nome quindici anni fa ho scritto un inizio di commedia: un gruppo di attori tiravano un carretto teatro vagante, subito oltrepassavano una grande porta e si trovavano nell'altro mondo. Adesso la porta si chiama porta del tempo ed è (se c'è) alla fine del viaggio. Gloria del teatro immaginario è anche l'ultima commedia del Ciclo del Teatro Vagante (ma chissà qual è l'ultima commedia) e potrebbe dare il titolo a tutto il ciclo. I tre attori (uomo, donna e ombra) arrivano in scena tirandosi dietro la montagna ingenua che tutto contiene -e che forse è il Teatro Vagante. Se ne è accorto Emanuele Carucci Viterbi il primo giorno di prove, quando la Compagnia ha voluto incontrare l'autore e ascoltarlo leggere. Scrivere un testo teatrale è un po' diverso (per me) che scrivere un romanzo o le poesie: c'è un vento di furia, invasione, rincorsa di scene, eventi di personaggi, che sconvolge (me) e chiede scrittura finché il ciclo (circolo) del testo non si chiude.
Scrivere per il teatro è sempre sconvolgente (per me) - per questo negli ultimi anni ho cercato di farlo il meno possibile. Era dal 1987 che stavo quieto a pennellare romanzi, poesie e disegni -ma l'insistere amoroso di una committenza gentile (il Centro Servizi e Spettacoli di Udine, con Bevilacqua e Quaglia in testa, Marinuzzi, gli attori) mi ha riportato a quell'ansia e corsa - e così il testo, in due riprese, mi ha preso per mano e si è scritto.
So che Gloria ha a che fare col nascere (dei bambini) e col germogliare (delle erbe, degli alberi) -e che la gloria è per me la luce del vedere (teatro è vedere) il cammino umano costellato dalle immagini (ombra / angelo / cenere / fuoco / sabbia / mare / foresta / lupo / fulmine / montagna) dietro cui si svela il sentiero. Sentiero che il bambino germoglio nascendo ogni volta costruisce (sentiero è la vita che nasce -vegetale e carnea). I tre attori (per tre attori mi ha chiesto di scrivere la committenza) su questo sentiero camminano, come un DNA teatrale (non è un sentiero il DNA?) alla ricerca della porta del tempo.
Spero che la trovino.
Giuliano Scabia, 5 dicembre 1996

Immagini

Tournée

prima assoluta

8 gennaio 1997

Udine, Spazio Teatro Capannone