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Residency 17
Compagnia Arearea

DIALOGHI / RESIDENZE DELLE ARTI PERFORMATIVE A VILLA MANIN

Villa Manin, Spazio Residenze
12 – 19 aprile 2023 - primo periodo
26 giugno – 2 luglio 2023 - secondo periodo
AREAREA
Bolero

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Equipe in Residenza
Marta Bevilacqua e Roberto Cocconi, coreografi e danzatori
Valentina Saggin, assistente alla coreografia
Marta Bevilacqua, Luca Campanella, Roberto Cocconi, Luca Di Giusto, Irene Ferrara, Andrea Giaretta, Angelica Margherita, Gioia Martinelli, Marco Pericoli, Valentina Saggin, Anna Savanelli, Andrea Rizzo, Luca Zampar, danzatrici e danzatori
Radio Zastava: Walter Grison, Gabriele Cancelli, Predrag Pijunovic, Domenico Rinaldi, Walter Antonello Sguazzin, Marco D'Orlando, David Cej, musicisti
Fausto Bonvini / Stefano Bragagnolo, luci

Residenza aperta al pubblico
2 luglio 2023 ore 19
Villa Manin, Spazio Residenze / all’aperto

ingresso libero
visto il numero limitato di posti, è necessario prenotare all'indirizzo email residenzevillamanin@cssudine.it. Aperta lista d'attesa

Appunti dalla Residenza - Marta Bevilacqua

«Mi accingo ai giorni di residenza.
Con gli Arearea danzerò il Bolero di Ravel.
Procedo appuntandomi ogni giorno qualche cosa che possa essermi d’aiuto a creare qualche cosa di significativo per un gruppo che con ostinazione ricerca la danza contemporanea ovunque.
Sono gelosa dei miei appunti personali, delle righe che disordinatamente scrivo su diversi quaderni affinché possano sorprendermi a distanza di giorni.
Non condividerò con chi mi legge in questo momento quel caos. Quando sono prossima alla creazione preferisco non dare a quei fogli un ordine, li lascio liberi come scarabocchi.
Li proteggo, mi scuserai.
Quel che posso raccontarti fin qui sono le fonti che sto studiando e quali sono i miei compagni di viaggio.

La Compagnia sarà composta da tredici danzatori, sette uomini e sei donne. Ci misureremo con le numerose partiture di trent’anni di danza contemporanea d’autore e misceleremo passi, forme, dinamiche che in questi anni ci hanno attraversato e si sono appoggiati nei nostri scheletri giorno dopo giorno. Il cast stesso contempla formazioni originarie e nuove.
Lo spirito che muove la composizione, rigorosa e ipnotica, è la forza del gruppo, la sua sensualità e il dominio dello spazio della rappresentazione.

Lo spazio. Del suono. Del corpo. Del pubblico.

Al mio fianco Roberto Cocconi per la rivivificazione di materiale coreografico originario. E per comporre con sapienza lo spazio del corpo e delle architetture tipiche degli Arearea.
A scalare la montagna di Ravel, i Radio Zastava dal vivo.
Otto musicisti di stravagante potenza balcanica capaci di riarrangiare il Bolero.

Come arriveremo alla cima di quel suono sarò tutto da esplorare.
Come immagino saprai, Boléro rappresenta una forte pagina sinfonica, destinata a traguardi imprevedibili. Conta numerose versioni coreografiche che si sono succedute, tra cui quelle di Aurel Milloss, Serge Lifar, Filar Lopez e Maurice Béjart. Una melodia che si diffonde oltre i confini degli ambienti della danza e della musica colta. Innumerevoli sono le sue trascrizioni di vario tipo e per tutti gli strumenti, gli impieghi come colonna sonora cinematografica, nelle competizioni di pattinaggio artistico e nei saggi di danza di tutto il mondo.
Bernstein, nel sostenere l’assoluta originalità del Boléro, la sua perfezione e la giusta valorizzazione dell’orchestra afferma: la musica giusta è quella suonata dagli strumenti giusti, nella giusta combinazione, al momento giusto.

Qual è la danza giusta per ciascuno di noi?
Nella dimensione ipnotica della musica di Ravel si risolve la nostra ossessione di una danza corale e strutturata.

Che cosa non devo dimenticare?
Boléro è in Do maggiore e comincia con l’indicazione di pianissimo. Si apre con una base ritmica garantita dalle percussioni, per tutto il brano. Cercheremo di rispettare questo andamento per creare un screscendo numerico di corpi. Seguono, le viole e i violoncelli che accompagnano in pizzicato, mentre un flauto esegue per la prima volta il celebre tema, indicato spesso come A. Ravel si ispira alla danza tradizionale spagnola conosciuta proprio come boléro, caratterizzata da una scansione ritmica in 3/4. Una musica vagamente araba, lunga, morbida, strisciante, ma avvolgente. Il tema A dura diciotto battute, dopo le quali viene ripetuto una seconda volta ma da un clarinetto, mentre il flauto si aggiunge al tamburo per la base ritmica. Al terzo giro, entra in scena il fagotto che esegue il secondo tema, il B, che si basa su una scala diversa e contiene alcune note che richiamano atmosfere arabe. Poi il tema B viene eseguito di nuovo, da un clarinetto.

Nelle mie visioni del Bolero c’è ovviamente un cerchio. Pieno e vuoto.
C’è movimento non formalmente uguale.
Ciascuno di noi farà un viaggio specifico.
Essenziale ma complesso.

La particolarità del Boléro è dovuta, infatti, alla sua estrema essenzialità, poiché i diciassette minuti della sua durata, sono occupati da due soli temi, privati dello sviluppo tematico e costretti alla ripetizione ipnotica di un unico disegno, sopra una base ritmica ossessiva e primitiva. L’aspetto centrale dell’opera sta nell’orchestrazione dei singoli strumenti, che nelle varie ripetizioni si aggiungono, si tolgono, cambiano registro, sempre suonando soltanto le due melodie e la base ritmica. Un vero e proprio esperimento sulle dinamiche di un’orchestra, sulla gestione delle intensità sonore, attraverso aggiunte o sottrazioni di strumenti.
Non devo dimenticarlo.

Arearea (dipinto di Gauguin) è una parola tahitiana e in Bolero c’è anche molto Oriente.
Gran parte dei musicisti francesi che, a cavallo del diciannovesimo e ventesimo secolo, fecero della Francia una delle patrie della musica “colta”, subirono il fascino del lontano e quasi ignoto Oriente. Ciò valse in buona misura anche per i simbolisti nella pittura così come nella letteratura e nella musica. La fascinazione di quel mondo lontano dove splende il sole quando da noi è notte, aveva già colpito Paul Gauguin, che senza dubbio può essere considerato il primo pittore postimpressionista, e che abbandonò da un giorno all’atro il suo impiego in banca per imbarcarsi per la lontana, quasi fiabesca Polinesia.

Era quello il periodo in cui nella capitale francese pittori, poeti e musicisti del nuovo corso s’incontravano il martedì a casa di Stéphane Mallarmé, autore tra l’altro del poema L’àpres midi d’un faune che Debussy musicherà per un balletto. Assieme a Ravel, Claude Debussy fu il più famoso tra i musicisti che rinnovarono la musica francese.

Il nostro primo giorno di prova è un martedì.
Amiamo molto anche te Debussy.
Ma per i trent’anni scegliamo Ravel.»
Marta Bevilacqua


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