Colugna | Teatro Luigi Bon
15 gennaio 1993
16 gennaio 1993

Il grande racconto
l'Odissea vista da Tonino Guerra

Tonino Guerra ci ha regalato un piccolo tesoro: la sua voce custodita in una cassetta della durata di un’ora. In questa ora racconta a modo suo, per quanto si ricorda, l’Odissea.

locandina
anno
1992
regia
Bruno Stori
collaborazione Marco Baliani
interpreti
Stefano Jotti
musiche
Alessandro Nidi
e...
costumi Evelina Barilli
produzione
Teatro delle Briciole

Tonino Guerra ci ha regalato un piccolo tesoro: la sua voce custodita in una cassetta della durata di un’ora. In questa ora racconta a modo suo, per quanto si ricorda, l’Odissea. Tonino ci ha fornito anche un’efficace struttura drammaturgica: il racconto che lui fa del poema lo ha sentito a sua volta raccontare da un vecchio, alla stazione di Bagnacavallo mentre aspettava il treno per tornare a casa.
Ascoltare il vecchio lo incanta; Tonino perde il treno e per tornare alla sua Itaca dovrà affrontare il periglio di altri treni, orari, coincidenze, corriere e una lunga camminata.
Una vera e propria Odissea.
Ascoltare la voce di Guerra registrata ha incantato anche noi, egli conosce naturalmente i segreti dell’affabulazione.
La trasposizione teatrale de Il grande racconto è costruita sulla figura di un personaggio, Rico, già incontrato in Racconto orientale (spettacolo del Teatro delle Briciole dedicato a Tonino Guerra -  1990): era lo sciocco, anzi lo scemo, il bambino nel corpo dell’adulto, semplice ma inafferrabile, follemente lucido ma imprevedibile.
E così Rico racconta al pubblico “...  di quella volta che andò a Bagnacavallo a prendere i canarini che si era incantato a sentire un signore con una voce bella che raccontava una storia così vecchia ma così vecchia che non c’era ancora Gesù Bambino e c‘us ciameva l‘Odissea...
Rico, tra il ricordo delle parole del signore alla stazione e le sue riflessioni personali, racconta e mentre racconta si eccita, si spaventa, si illanguidisce, non ricorda più, si commuove, tiene per “Lulisse”, come lo chiama lui, ma lo sgrida anche: ”... No che cosa c’é andato a fare da Polifemo? Poteva mica andare a casa sua che c‘erano dei guai anche là?!...“.
Il sole tramonta e anche per Rico è ora di tornare dalla sua 'mà: ”...Però si sta bene qui a mangiare una mela, bere un bicchiere d’acqua e raccontarsi queste storiette: di tutte le cose questa é quella che più mi sta a cuore”.
Bruno Stori

L ‘ODISSEA DI RICO
Mi piace questo titolo perché restituisce al lavoro svolto con Stefano il doppio binario della fatica e dell’avventura.
C’é sempre un’odissea che il narratore principia ed intraprende quando cerca le parole del suo racconto. Poi c’é l’altro viaggio odisseico che é quello del personaggio, Rico in questo caso, che anche lui si cerca narrando.
La metafora può continuare: anche per il narratore la meta sembra sempre dietro l’angolo, a portata di mano, e invece andando per la via scopre che l‘arte del narrare non conduce alla meta ma disgredisce obliquamente, é anzi un modo per non giungere alla fine, forse anche perché la fine del racconto é la morte del personaggio, e dell’atto teatrale stesso, quando le luci si spengono e davvero si torna alla realtà.
Che dire del lavoro condotto insieme? Stefano ha aggiunto alla mia esplorazione del racconto un personaggio stralunato e denso di memoria, di paesaggio e di percorso (viene da un ‘racconto orientale’ e si porta dietro un intero paese) ma senza nostalgie di paradisi perduti, piuttosto lui stesso volontariamente perso, sperduto dietro a visioni di eroi e battaglie e donne che al momento di ascoltarle sembravano lontane cose e ora che le ri-racconta sono pezzi della storia di Rico. Così il racconto si appropria del narratore e lo conduce e Rico che sa leggere trova parole che divengono pensieri che si trasformano in esperienze. Peccato che nessuno ascolterà mai l’altra ora e passa di racconti che sono il testo nascosto, la memoria, gli scarti densi del per corso fatto e che stanno lì, dentro la passione di Rico, e che servono a dire e ad essere.
Ma anche questo fa parte del gioco del racconto: diradare rarefare lasciare tracce che nascondono altro, permettere il vuoto come se l’anima respirasse un po’.
Marco Baliani