Udine | Teatro Zanon
2 marzo 1989
5 marzo 1989

Naja

Naja

Scritto e diretto da Alessandro Longoni, ha vinto con il testo il primo premio ex - aequo all’edizione 1987 del Premio Riccione / Ater ed è stato messo in scena dal Teatro di Portaromana all’ultimo Festival di Asti, con un grandissimo successo.

locandina
anno
1988
testo
testo e regia Angelo Longoni
interpreti
Francesco Paolo Cosenza, Sebastiano Filocamo, Riccardo Magherini
produzione
Teatro di Porta Romana

Per il teatro italiano sembra strano presentare uno spettacolo un testo che affronti e parli direttamente di attuali problemi di carattere sociale: in questi ultimi anni, è vero, sono stati messi in scena alcuni spettacoli di questo tipo, ma su testi di autore non italiano, principalmente americani della penultima e ultima generazione, e in quanto tali quasi protetti da un’estraneità culturale e di vita, come nel timore di affrontare un ruolo vivo, penetrante e interattivo del teatro con la società del quotidiano.
Naja, scritto e diretto da Alessandro Longoni, trentenne milanese con esperienze attorali e di regia cine - televisiva, ha vinto con il  testo il primo premio ex - aequo all’edizione 1987 del Premio Riccione / Ater ed è stato messo in scena dal Teatro di Portaromana all’ultimo Festival di Asti, con un grandissimo successo.
I cinque protagonisti, militari di leva consegnati in caserma per punizione in una domenica d’estate, sono persone molto diverse per provenienza regionale e per tipo di cultura, per sensibilità e per carattere, fra i quali si innescano rapporti a volte crudeli, violenti, ma anche di amichevoli complicità, di alleanze; la forza della autenticità e della scorrevolezza dei dialoghi, insieme alla bravura degli attori, fa emergere diverse personalità, ma un comune senso di frustrazione e di inutilità, una distanza e un inasprimento inaspettati rispetto ai loro problemi generazionali.
Lavicenda dello spettacolo vede i cinque insieme per gran parte della giornata di consegna; a interrompere l’escalation di sopraffazione in corso fra di loro, Luca, il più fragile e introverso, ‘va in fuga’ per incontrare la madre malata, come aveva progettato prima dell’inattesa punizione; ma la spiata di uno dei suoi compagni fa sì che venga scoperto e quindi punito: Luca non sopporta questa ulteriore sopraffazione e si impicca in infermeria.
Una storia comunque vera, non retorica in quanto assumono nello spettacolo maggiore valore i sistemi di relazione fra le persone, i valori etici o la loro assenza, i vari tipi di violenza che non hanno distinzioni e differenze tra un «dentro» la caserma e un «fuori».