Il 4 giugno 1666, gli attori della Troupe du Roi, tra i quali lo stesso Molière, portavano in scena al Théâtre du Palais-Royal Il Misantropo, un testo che criticava violentemente la società contemporanea, la sua ipocrisia e il suo finto perbenismo. Da allora la storia di Alceste, uomo dalla rigida morale, abituato a rifuggire ogni forma di convenzione sociale, ha attraversato i secoli ed è stata raccontata sui palcoscenici di tutto il mondo. Ponendo oggi l’accento sui punti di attualità del testo, in cui più si trovano riflessi i disagi dell’uomo contemporaneo, il regista Roberto Guicciardini ambienta la vicenda in uno spazio moderno, durante un’elegante serata mondana, al centro della quale c’è Célimène, una giovane vedova contesa da molti corteggiatori. Uno di questi, il misantropo Alceste (qui nell’interpretazione raffinata e ironica Mariano Rigillo), vorrebbe che, per amore, la donna rinunciasse alle lusinghe della vita in società. Ragione e sentimento si scontrano, Alceste e Célimène si incontrano, senza però riuscire a trovare un compromesso. La loro unione si spezza, anche se quel party, iniziato una sera d’estate del 1666, «sembra – dice il regista – essere ancora oggi in pieno svolgimento».





