Atlante dei misteri dolorosi
Il nuovo lavoro di questo gruppo segna un’ulteriore evoluzione all’interno del percorso di sperimentazione visivo-spaziale del Teatro della Valdoca.
CREDITSLe Radici dell’Amore (lo spettacolo precedente prodotto dal Teatro della Valdoca) manteneva, con la stessa purezza e semplicità d’immagine, ma in maniera più dolce e calda, uno spazio entro un tempo sospeso, già sperimentato con Lo Spazio della Quiete. Il vuoto siderale lasciava spazio e torme embrionali di vita biologica, al gioco, all’erotismo, all’amore.
Atlante dei misteri dolorosi, il nuovo lavoro di questo gruppo segna un’ulteriore evoluzione all’interno del percorso di sperimentazione visivo-spaziale del Teatro della Valdoca attraverso un approccio assolutamente originale con la scrittura, la drammaturgia, con la parola intesa come valore minimo del discorso.
Parole isolate, citate, sussurrate, mai parlate. Amplificate da megafoni di terracotta, altre scritte su lunghe strisce di carta srotolate lentamente.
Frammenti sparsi di un Atlante dei misteri dolorosi.
Tre donne si muovono sulla scena cosparsa di ciuffi di lana grezza, radici, terrecotte, semi, oggetti primitivi che evocano un’atmosfera ancestrale. Un piccolo coro che racconta di se stesso, di altre donne e di altri uomini. Movimenti minimi, appena accennati. I loro corpi si piegano sotto il proprio peso, si agitano affannosamente, giacciono in sfinimento, si tirano, si fanno trascinare, s’aggrappano, si toccano, si abbracciano. Un uomo con ali di sterpi sembra eseguire ordini ricevuti altrove, tenta invano un lenimento. Depone il corpo dormiente di una donna su un tavolo e con un lungo bastone rivestito, in punta, di stoffa la tocca e ne assetta le posture. Infine una voce canta: testimone quieta della Necessità, voce, che afferma ad un tempo dolore e bellezza.




