La rosa dei teatri

Scrittura in sei quadri di Giuseppe Bevilacqua e Mara Udina, liberamente ispirata al Wilhelm Meister di Johann Wolfgang Goethe

CREDITS
year
2000
text
liberamente ispirata al Wilhelm Meister di Johann Wolfgang Goethe
scrittura in sei quadri di Giuseppe Bevilacqua e Mara Udina
directed by
Giuseppe Bevilacqua
set & lighting design
impianto scenico e disegno luci Alberto Bevilacqua e Mara Udina
additional details
costumi e musiche a cura di Mara Udina
production
Centro Servizi e Spettacoli di Udine

Accade talvolta di innamorarsi di un libro. Questo sembra rispondere come un amante che si allontana e si avvicina al nostro discorso d'amore, e parlare sommessamente in ogni cosa che facciamo.
Lo schiudersi di un pensiero, né forte né debole, ma compiutamente bello, ci ha fatto intraprendere il viaggio impossibile di ricondurre a un altro viaggio l'avventura teatrale del Wilhelm Meister di Goethe.
Il teatrale, nel suo ininterrotto riempirsi e svuotarsi di umanità, ci interroga ancora su una sete di poesia e verità... Potremmo forse rinunciarvi?
L'eroico gesto del teatrale, di rappresentare il mondo, gli uomini così come sono, Amleto così com'è, insinua la nostalgia del mondo come dovrebbe essere o, forse, come potrebbe essere. Come in un dramma d'amore, il mondo sfugge al teatro e il teatro al mondo, e il protagonista, Wilhelm, deve decidersi per l'uno o per l'altro, ma la vocazione all'umano è di entrambi.
Perciò la nostra "storia" ha scelto, quasi necessariamente, di snodarsi affiancando alla figura di Wilhelm, quella "fascinante" di Mignon.
Wilhelm e Mignon: ovvero, la necessità del teatro "opposta" allo spirituale, angelicato antiteatro. E nel loro disperato e amoroso tentativo di far parte l'uno dell'altro, in questo viaggio in uno "spazio" che ha la natura di un teatro di marionette, popolato da ombre e pupi, suoni di spade e versi che cantano terribili l'amore, voce di figure sempre più "drammaticamente" umane, i due "opposti" sono ineluttabilmente destinati a restare l'uno all'altro presenti, ma nella reciproca assenza.
Giuseppe Bevilacqua

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