May B
Maguy Marin diventa oggetto di culto con lo spettacolo May B, ispirato all’opera teatrale di Samuel Beckett e costruito in netta contrapposizione ai grafismi della danza americana.
locandinaBèjartiana per formazione, estranea alle grandi correnti della danza contemporanea, è nel 1981 che Maguy Marin diventa oggetto di culto con lo spettacolo May B, ispirato all’opera teatrale di Samuel Beckett e costruito in netta contrapposizione ai grafismi della danza americana.
Emotivamente intenso e marcatamente espressionista, violento ed eccedente (proprio come il contorto e viscerale Buto, che è la danza moderna giapponese), contro ogni logica del “bello”, May B è manifesto di un’estetica che fa scalpore. C’è persino chi parla di una “Pina Bausch francese”. Via via, attraverso le pièces successive, attraverso Babel Babel (1982), Hymen (1984), Calambre (1985) e Eden (1986), Maguy Marin mette a punto una sua logica drammaturgica che riflette sempre i medesimi criteri: scansione a quadri, spettacolarità che insegue le forme più accattivanti di teatro popolare, facili allegorie, sfacciati ideologismi, intenti pedagogici brechtiani. Sempre più evidentemente descrittiva, sfila Maguy Marin lungo le tappe di un percorso che, con evidenza, finisce per apparentarsi ai rigettati sprazzi di un’esteriorità tutta bèjartiana. Maguy costruisce spettacoli come sceneggiatura. Scrive un copione, suddivide a quadri le azioni, visualizza parabole in senso discorsivo. Proietta un formalismo, seppure dilatato nel grottesco, che esula da ogni nozione di corpo come fabbrica di emozioni.
Tratto da Leonetta Bentivoglio (Teatro in Europa 7- Teatrodanza)


