Futuro Passato 2023
memoria digitale

FUTURO PASSATO memoria digitale.
a cura di Associazione culturale Tinaos
con il contributo di MiC - Ministero della Cultura, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Fondazione Friuli, Le Fondazioni Casali
in collaborazione con CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia
partner Comune di Udine, Straligut Teatro, Casa del contemporaneo - centro di produzione teatrale, Elsinor - centro di produzione teatrale, Athena - Città della Psicologia
partner tecnico Sonar - il digitale al servizio del teatro contemporaneo B&B I Personaggi Udine

Giunto alla sua seconda edizione, Futuro Passato ha incentrato la propria attività sul tema della memoria digitale e, in particolare, del metaverso. Oggetto di animate discussioni, critiche, fascinazioni, ad oggi il metaverso si presenta perlopiù come una sorta di fantasma che si aggira per il web, per parafrasare con ironia Marx e Engels, più che come realtà virtuale di cui conosciamo caratteristiche e potenziale. Allo stato attuale, la costruzione del metaverse è qualcosa in divenire, un futuro possibile ma non certo, legato indissolubilmente alla volontà degli investitori di Meta e a incerte parabole finanziarie. Ciò ha comportato che i partecipanti al bando abbiano dapprima dovuto mettere a fuoco che cosa sia e a cosa si fa riferimento, oggi, quando si parla di metaverso, e in seguito a prevedere eventuali esplosioni di senso o ineludibili storture che possono nascere laddove l’identità stessa, sostituita da un surrogato virtuale, viene di fatto messa in gioco. Così, i testi nati da questa spregiudicata esplorazione, sono forse più un’indagine sulla memoria che forse “sarà”, più che su quanto sappiamo della nostra. Il concetto stesso di memoria, nell’ottica del metaverso, assume confini incerti: di quale memoria sarà provvisto un avatar, quale background mnestico porterà con sé, se ciò accadrà, a meno di vivere un virtuale condannato all’eterno presente? Pare di assistere a certi racconti di fantascienza; viene automatico, credo, pensare a “Blade Runner” o comunque a certi scritti di Philip K. Dick, eppure non può essere aggirato il fatto che il metaverso esiste, è presente e si trova in stadio piuttosto avanzato per quanto concerne certe aree di sviluppo. I testi qui raccolti nascono come sempre da un lungo periodo di residenza e confronto con il territorio ospitante, dagli scambi con le generazioni più giovani dei Licei, da studi approfonditi su alcuni temi che già la nascita stessa del metaverso ha suscitato con la promozione del suo avvento. In tutti questi scritti è presente una riflessione che ci costringe a re-inventare, o immaginare per la prima volta, il nostro rapporto identitario con la realtà virtuale, e, forse soprattutto, a proiettarci in una vita altra che ha altri parametri socio-culturali da quella che abitualmente frequentiamo. Caterina Filograno, indagando il concetto di persistenza nel metaverso, si chiede, attraverso una vicenda che si sviluppa negli anni, cosa potrebbe accadere se una semplice pianta virtuale, “Oleandra”, titolo del suo lavoro, resistesse come un bug del sistema a tutte le innovazioni e i cambiamenti di un mondo in costruzione, unica superstite e quindi testimone che raccoglie ogni voce di avatar che popola questo territorio costantemente in definizione. Gabriele Paupini con il testo “Antropico” mette al centro del proprio lavoro quello che è forse il concetto centrale di ogni pensiero rispetto alla realtà del metaverso, ovvero la morte. Cosa accade in un mondo in cui di fatto non si può morire? Quale cimitero
degli avatar dovrà essere costruito, forse, per ovviare al parametro della non-morte, quindi ad eliminare ciò che è più prossimo e connaturato all’idea biologica di vita come la intendiamo? Allo stesso modo il testo di Denise Diaz Montalvo, “Pet Rock”, interroga direttamente il rapporto tra realtà virtuale e arte contemporanea, in un futuro possibile in cui l’idea stessa di performance sarà inevitabilmente soggetta a cambiamenti radicali.
Com’è possibile intravedere da questi brevi accenni, il minimo comune denominatore dei lavori qui presentati non può che essere la dialettica tra la nostra idea di vita, connessa per forza di cosa con la memoria che la informa, e una possibilità di esistenza che certamente dovrà nutrirsi di altri principi per sopravvivere, o quantomeno affermarsi come alternativa significativa al nostro quotidiano. Una sfida anche linguistica, dove il testo, per raccontare un’ipotesi di futuro, non può che deformarsi o rendersi immaginifico sia nell’utilizzo della parola che nella struttura drammaturgica portante.

Non ci resta che ringraziare chi ha promosso e aiutato questa spericolata indagine, dalle neuroscienziate e psicologhe che hanno accompagnato i partecipanti nel lavoro, fino agli alunni delle scuole del Liceo Albert Einstein di Cervignano del Friuli e del Liceo Artistico Statale Sello di Udine.



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