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L’abisso

CREDITS
year
2018
text
di e con Davide Enia
spettacolo tratto da Appunti per un naufragio (Sellerio editore)
music
musiche composte ed eseguite da Giulio Barocchieri
production
Teatro di Roma, Teatro Biondo di Palermo, Accademia Perduta Teatri
in collaborazione con Festival Internazionale di Narrazione di Arzo

11 gennaio ore 21
Cervignano, Teatro Pasolini


12 gennaio
 ore 21
Teatro Contatto
Udine, Teatro Palamostre

INCONTRI
il 12 gennaio, al termine dello spettacolo, Davide Enia incontra il pubblico. Conduce Rita Maffei

L’Abisso è fatto di una materia varia e viva, tesa e emozionante, per fondere il racconto puro di uno dei migliori cantori teatrali agli antichi canti dei pescatori, al cunto palermitano, dove l’elemento epico dallo scontro tra i paladini si sposta a un nuovo campo di battaglia: il mare aperto. 

Davide Enia di sbarchi a Lampedusa ormai ne ha visti molti. E di testimoni diretti di quanto succede su quella frontiera di acqua ne ha ascoltati anche di più: i pescatori e il personale della Guardia Costiera, gli operatori medici e i lampedusani, i volontari e le persone sbarcate sull’isola.
“Il primo sbarco l’ho visto a Lampedusa. A guadagnare la terra erano in tantissimi, ragazzini e bambine per lo più. Stravolti, stanchissimi, confusi, erano cinquecentoventitre persone sottratte alla morte in mare aperto. Con me c’era mio padre quel giorno. Assistemmo assieme a qualcosa di smisurato: era la Storia ciò che stava accadendo davanti ai nostri occhi.

La Storia che si studia nei libri e che riempie le pellicole di film e documentari. La Storia che anima i dibattiti e determina il corso degli eventi. Vederla accadere mi aveva lasciato completamente senza parole. Nella messa in scena usiamo diversi registri del linguaggio teatrale, quanto sta accadendo è ancora troppo gigantesco per essere contenuto in una forma unica. Con Giulio Barocchieri abbiamo lavorato sugli antichi canti dei pescatori, intonati lungo le rotte tra Sicilia e Africa, sulle melodie a più voci che si intrecciano senza sosta fino a diventano preghiere cariche di rabbia quando il mare ruggisce e nelle reti, assieme al pescato, si ritrovano sistematicamente i cadaveri di uomini, donne, piccirìddi.
Abbiamo lavorato sul cunto palermitano, spostando l’elemento epico dallo scontro tra i paladini a un nuovo campo di battaglia: il mare aperto, quando il salvataggio è una questione di secondi, le manovre sono al limite dell’azzardo, la velocità di scelta determina tutto quanto e risalta ancora di più come condizione necessaria il sottoporsi quotidianamente a un allenamento costante sulla terraferma, per riuscire a recuperare più corpi vivi in mare, per sopravvivere in prima persona alla forza delle onde. Abbiamo lavorato sull’interpretazione attoriale, quando le parole dei testimoni da me incontrati si fanno carne e consentono l’epifania del personaggio.

E poi c’è il racconto puro, in cui intimità e storia si rincorrono fino a sovrapporsi. È una riflessione, figlia del lavoro sul campo, su quanto sta accadendo, per riportare con urgenza nello spazio condiviso del teatro il tempo presente e la sua crisi. Il teatro, quindi, come luogo di confronto e di rinegoziazione dei giudizi.
Quanto si sta verificando a Lampedusa non è soltanto il punto di incontro tra geografie e culture differenti, è proprio un ponte tra periodi storici diversi, il mondo come l’abbiamo conosciuto fino a oggi e quello che sarà domani. Sta cambiando tutto. È da più di un quarto di secolo che accade.”
Davide Enia

“Chi approda è uno specchio, dentro cui risiede la risposta a una semplice, definitiva domanda: «noi chi siamo?». Noi siamo la risposta a questa domanda.
Nello sguardo di questi esseri umani è riflessa l’immagine di noi stessi, di chi abbiamo deciso di diventare”.

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