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Udine | Teatro Zanon
May 17, 2002 ore  21:00
May 18, 2002 ore  21:00

Esodo

Il filo che Pippo Delbono segue è quello dell'esodo, fisico e interiore, teso ancora una volta sopra la rete di incontri, relazioni, legami nati tra il gruppo storico della sua compagnia.

CREDITS
year
2002
text
Pippo Delbono
directed by
Pippo Delbono
cast
Fadel Abeid, Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Bobò, Enkeleda Cekani, Piero Corso, Pippo Delbono, Lucia Della Ferrera, Fausto Ferraiuolo, Gustavo Giacosa, Simone Goggiano, Elena Guerrini, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Maura Monzani, Mohamad Hussein Moussa, Tommaso Olivari, Pepe Robledo
production
Compagnia Pippo Delbono / Emilia Romagna Teatro Fondazione

Come Barboni e Guerra, gli spettacoli che il pubblico udinese ha apprezzato nelle scorse stagioni, anche Esodo nasce da un'arte che è frutto di una mancanza e di una ferita. Il filo che Pippo Delbono ha seguito stavolta è quello dell'esodo, fisico e interiore, teso ancora una volta sopra la rete di incontri, relazioni, legami nati tra il gruppo storico della sua compagnia -il piccoletto Bobò, la rotonda Elena, il  trasformista Gustavo…- e molte altre persone, molte altre storie, molti extracomunitari incontrati nei diversi Paesi e città nei suoi giri del mondo con il teatro. «lo chiedevo una loro attenzione artistica, loro chiedevano soldi per mangiare. lo proponevo una dimensione poetica, e loro mi rispondevano con la necessità di raccontare cose semplici, ovvie, scontate per chi si trova tutti i giorni nella lotta di cercare lavoro e casa, e di sentirsi sempre in una situazione di emarginazione». Se ne sono andati dalla propria terra Fadel e Mohamad, l'argentino Pepe, il nomade Mr. Nelson, l'albanese Enkelesa, chi fuggendo per motivi politici, religiosi, di guerra o di tortura, chi per un rapporto instabile, difficile con la vita. Una sensazione di estraneità infinita, che Delbono ha tradotto in una scenografia di rovine, tra le quali, come fiori selvatici, fanno capolino le figure di un circo innalzato con il riso e le lacrime. Un teatro che fa a meno della finzione e in cui si riconoscono i corpi, i volti, le voci nostrane o esotiche che Delbono compone spesso senza premeditazione, come se dettasse una poesia.

Viviamo in una cultura che ama molto inventare metafore sulla guerra, sulla malattia, sull'Aids, sulle dittature, sui mali del mondo. Però questa stessa cultura quei mali non li ha sulla pelle. Allora, secondo me corre il rischio di diventare un po' chic.

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