Udine | Teatro Zanon
2 novembre 1984
4 novembre 1984

CONTATTO BECKETT
Finale di Partita

Il Progetto Beckett directs Beckett è l'ultimo capitolo del bizzarro sodalizio tra uno dei massimi drammaturghi del '900 ed un ex ergastolano, divenuto attore, autore, regista e la sua compagnia San Quentin Drama Workshop.

locandina
anno
1984
testo
Samuel Beckett
regia
Samuel Beckett
interpreti
Rick Cluchey, Bud Thorpe, Lawrence Held, Teresita Garcia Suro
scene/luci
luci Bud Thorpe
e...
costumi Teresita Garcia Suro
produzione
The San Quentin Drama Workshop

...
Finale di partita
E invece no, l’atto terzo c’è. Solo che è un’altra commedia, Finale di partita.
Pochi impercettibili mutamenti rispetto ai primi due atti: cioè ancora tutto diverso perché tutto è uguale, o viceversa, è lo stesso. Vediamoli, questi mutamenti.
C’è un padrone e c’è un servo, anche qui, e non importa che il padrone dipenda completamente dal servo per la sua sopravvivenza.
In Aspettando Godot si chiamavano Pozzo e Lucky: qui sì chiamano Hamm e CIov. Hamm è cieco (ma Pozzo dichiarava di esserlo alla sua seconda apparizione) e paralitico: passa il tempo su una sedia a rotelle. Clov, affetto da rigidità delle gambe, e quindi impossibilitato a sedersi ma capace di camminare, gli dà, secondo gli ordini, il catetere o il rampino con cui Hamm cerca di spostarsi da solo, un cane di pezza a tre zampe, oppure guarda per lui da una finestra e riferisce.
E minaccia sempre di andarsene: come facevano, a turno, Vladimiro ed Estragone in Aspettando Godot.
Questo piccolo, insensibile, bradisismo, chiamiamolo pure primo mutamento.
Per lo più, però, Hamm e Clov parlano: di tutto e di niente. Hamm, come il Lucky di Godot, pensa anche ad alta voce. La erano sproloqui filosofici; qui e una storia a puntate con un padre questuante, un figlio piccolo e forse abbandonato, un signore. Secondò mutamento, sia pure. Ma si tratta solo di minuti, impercettibili, spostamenti di scena: dato che anche in Finale di partita siamo a teatro.
«Perché questa commedia tutti i santi giorni?» chiede ogni tanto qualcuno: ed è letterale. Hamm lo dice che Clov serve solo a «dargli la battuta», e lo rimprovera quando non sta al patto che «gli a parte» non debbono essere sentiti dagli altri personaggi in scena.
E’ lo stesso «Palco» di Aspettando Godot che viene riattivato, come si riattiva una casa dopo una lunga assenza: togliendo i lenzuoli impolverati da sopra le cose.
E infatti è proprio questo che Clov fa all’inizio. Quello che scopre è, oltre Hamm sulla sua sedia, due bidoni per la spazzatura, in cui sono chiusi (abitano) Nagg e Nell, i genitori di Hamm.
Nagg e Nell emergono, ogni tanto, per scambiarsi terribili tenerezze, ricordi, racconti faceti, o per reclamare cibo da Hamm; poi tornano in immersione. Sono un uomo e una donna, ma «che importanza ha il sesso?», come spesso si chiede Hamm.
Sono, forse, Vladimiro ed Estragone, o le loro «rimanenze», proprio come nei negozi, dopo il fallito suicidio per impiccagione con cui si chiudono i primi due atti, cioè Aspettando Godot.
Questo potrebbe essere il terzo mutamento.
Non manca neppure il bambino. Qui però non compare direttamente. E’ Clov a vederlo dalla finestra, seduto a guardarsi l’ombelico o «da quelle partì», ed è Clov a decidere di andare da lui. Quarto mutamento.
Ma lo farà davvero? Mentre Hamm riprende a raccontate la sua storia a puntate, Clov resta, in assetto da viaggio, immobile davanti alla porta, senza oltrepassano.
Ancora una volta, qual è il senso di tutto questo?
«Non può darsi che noi... che noi.. si abbia un qualche significato?» chiede Hamm.
La risposta di Clov è solo più ironica di quella di Estragone: «Un significato. Noi un significato! Ah, questa è buona!»
Quinto e ultimo mutamento. Perché tutto resta (resti) uguale.
...

Beckett regista di Finale di partita

Sul teatro
«Le cose! ci sono talmente tante cose; l’occhio è incapace di comprenderle così come la mente di afferrarle. Ed ecco che una persona crea il suo mondo, un universo a parte, per ritirarvisi quando e stanco... per fuggire dal caos in un mondo più semplice... La crisi è cominciata con la fine del diciassettesimo secolo, dopo Galileo.
Il diciottesimo secolo è stato chiamato l’età della ragione, «la siecle de la raison» Non l’ho mai capito: sono tutti matti, «ils sont tous fous, ils deraisoment!» Attribuiscono alla ragione una responsabilità che non può sopportare, è troppo de- boia Gli enciclopedisti volevano conoscere tutto... Ma quel rapporto diretto fra l’io e, come dicono gli italiani, «lo scibile», il conoscibile, era ormai spezzato.
Leonardo da Vinci aveva ancora tutto nella sua testa, conosceva ogni cosa, il legame fra rio e le cose non esiste più... Bisogna farsi un mondo per conto proprio al fine di soddisfare il proprio bisogno di conoscere, di capire, il proprio bisogno di ordina.
Là, per me, sta il valore del teatro. Si crea un piccolo mondo con le sue leggi, si porta avanti razione come su una scacchiera... Si, persino il gioco degli scacchi è ancora troppo complesso».
Su Finale di partita
«E’ la mia pièce preferita». Finale di partita è come un focolare spento, dal quale di tanto in tanto divampano fiamme, per poi reimmergersi nelle ceneri. Non pretendo che la mia interpretazione sia l’unica corretta. E’ possibile realizzare la pièce in modo completamente diverso, diversa la musica, i movimenti, diverso il ritmo, la cucina può essere situata in maniera diversa etc.
«Fra il principio e la fine si trova una lieve distinzione che è quella fra «principio» e «fine».
«La pièce è piena di echi; che si rispondono tuffi vicendevolmente».
«Non è speranza, ma la possibilità di una situazione diversa da quella attuale».
«Non ci sono eventi casuali in Finale di partita: è basata interamente su analogie e ripetizioni». «Dal punto di vista psicologico, morale, non c'è niente da fare nella pièce; può essere sperimentata solo interpretandola in scena».
«Si può imparare il testo solo recitando. E’ impossibile parlarne fuori dal palcoscenico».
«Il pathos è la morte dell’opera».
Su Hamm e Clov
«Deve esserci la massima aggressione tra loro tin dal primo scambio. La loro guerra è il nucleo della pièce».
«Clov ha un solo desiderio, rientrare nella sua cucina. Questo deve essere sempre evidente, proprio come il costante sforzo di Hamm per fermano. Questa tensione è un motivo essenziale del lavoro».
«Clov non deve mai toccare Hamm».
Su Hamm
«E’ il re in questa partita a scacchi persa in partenza».
«Egli sa sin dal principio che sta facendo solo mosse senza senso; per esempio, che non arriverà in nessun luogo col rampino.
Ora infine farà ancora un paio di mosse senza senso, come un qualsiasi giocattorucolo, mentre un buon giocatore avrebbe abbandonato molto tempo prima.
Sta solo cercando di rinviare l’inevitabile fine.
Ogni suo gesto è una delle inutili mosse per ritardare la fine.
E’ un misero giocatore».
«Hamm è costretto, paralizzato; per lui è uno sforzo piegarsi in a- vanti, allungare un braccio».
(il monologo di Hamm) «Tre o quattro voci devono essere collegate ad atteggiamenti distinti. La prima, Hamm dice un monologo; la seconda, parla al mendicante che immagina stia giacendo ai suoi piedi, la terza, presta a quest’ultimo la sua voce e usa la quanta per declamare il Teatro epico della sua storia, che serve da collegamento.
Ogni voce corrisponde a un modo di essere distinto... Tutto il soliloquio dovrebbe avere una tensione estrema, ma del tutto interna».
Su Clov
«Magro, tutt’ossa, nervoso. L’aspetto esteriore non è importante; ciò che conta è la forma interiore». «Quando ti muovi devi dare l’impressione che stai cercando di camminare ma non ci riesci».
Su Nagg e Nell
«Il rapporto di Amore-Odio, il tipico rapporto dei partner di un matrimonio. Conoscete il proverbio latino: «nec tecum, nec sine te». Qui è proprio così».
«Nell dice, ‘Nulla è più divertente dell’infelicità’. Questa, per me, è la frase più importante della pièce».
Sul movimento
«Deve diventare assolutamente semplice, solo pochi gesti piccoli e precisi».
«Massima economia in tutto».
«Non permettete mai che i cambiamenti di posizione e di voce avvengano simultaneamente. Prima viene a) La mutata posizione del corpo; poi, dopo una breve pausa, viene b) l’articolazione delle parole corrispondenti».
Sulle chiamate alla ribalta
«E’ una cosa che mi ripugna... C’est abominable».

(Brani tratti da Samuel Beckett regista di Finale di Partita il diario, scritto da Michael Haerdter, delle prove di Finale di partita allo Schiller Theater di Berlino).

Immagini