Udine | Teatro Zanon
9 maggio 1985
11 maggio 1985

Das Bergwerk zu Falun

La miniera di Falun è un’opera in cinque atti di cui solo ìl primo fu pubblicato da Hofmannsthal.

locandina
anno
1985
testo
Hugo von Hofmannsthal
regia
Cesare Lievi
scene/luci
scene Daniele Lievi
e...
costumi M. Braghieri

La Miniera di Falun è un’opera in cinque atti di cui solo ìl primo fu pubblicato da Hofmannsthal. Esso però - come del resto riconosce concordemente tutta la critica - è già un’opera compiuta, ben costruita e ben congeniata nella scansione delle sue tre parti, per cui la scelta di mettere in scena solo il primo atto, come propone il Teatro dell’Acqua, è tutt’altro che stravagante e arbitraria.
L’intreccio è il seguente: Elis, un marinaio stanco di viaggi e della vita di mare, sente nostalgia di un luogo immutabile e materno. Durante un sogno - ma è veramente un sogno? - un uomo lo guida nelle profondità di una miniera dove riesce a contemplare il volto della Regina della Montagna E’ il luogo agognato, ma non può restare. La Regina lo respinge e dice: «Hai respinto quelli / che vivono lassù, ma qualcosa di loro vive / qualcosa vive ancora in te. Devi tornare lassù... »
Elis è legato ancora alla vita, non ancora maturo per la tenebra del regno della grande madre.
Risvegliandosi dal sogno, decide di partire, di raggiungere la Miniera di Falun; ed è con l'immagine di un ennesimo viaggio per mare, diverso però dagli altri precedenti viaggi perché torte della visione della Regina e del suo regno splendente e tenebroso, che l’atto si conclude.

La Compagnia Teatro dell’Acqua
Il Teatro dell’Acqua nasce nei 1979 a Gargagnano sul Garda per iniziativa di Cesare (drammaturgo) e Daniele Lievi (scenografo).
Diverse motivazioni all’inizio: desiderio di abitare profondamente il proprio luogo natale, trasfigurare con l’immaginazione infanzia e giovinezza, forse sfida anche ai teatro ufficiale.
Molte difficoltà e una sede magnifica: tre stanzoni uno in fila all'altro in una caserma umbertina abbandonata e ormai fatiscente.
Dopo la messa in scena dell’Empedocle di Hoelderlin, di Paesaggi con Barbablù di L. Tieck e C. Lievi e Barbablù di G. Trakl, il Teatro dell'Acqua continua la sua ricerca nell’ universo letterario romantico con La miniera di Falun di Hugo von Hofmannsthal, testo densissimo che pare sintetizzare e contemporaneamente articolare in maniera diversa e nuova tematiche delle rappresentazioni precedenti.
Tale diversità e novità è sottolineata anche dalla modalità della produzione che, avvalendosi degli attori della Hochschule für Musik und darstellende Kunst di Francoforte sul Meno, vede uniti la visionarietà sperimentale del Teatro dell’ Acqua con l’intima profondità degli attori tedeschi.
«Il presente impone delle forme. Superare la loro giurisdizione e attingere di nuove, ecco la facoltà creatrice.»
«Nella sfera di un impegno strettamente limitato e specialistica esiste più libertà che in quella sconfitta e a-spaziale entità che lo spirito moderno si immagina di essere in quanto arengo della libertà stessa.» «Il filosofo - attribuendo al termine il significato che ha avuto nell’antichità e nel diciottesimo secolo - gode di una buona posizione tanto in un’epoca grandiosa quanto in un’epoca miserevole. Ma un’epoca che annulli se stessa annulla anche lui.»
Chi riesce a esprimere un concentrato della realtà si avvicina già al sogno, e più ancora alla poesia.»
Queste quattro sentenze che si possono leggere nel Buch der Freunde (Libro degli amici), così importante e significativo, racchiudono in sé quasi integralmente l’intero piano di vita di Hugo von Hofmannsthal; il piano di vita di un uomo creativo che ha acutamente saputo riconoscere il vuoto-di-valori che lo attorniava e gli ha saputo riconoscere il vuoto di personalità. E’ stato - lo si può affermare con certezza - un piano di vita deciso molto precocemente.
Cresciuto in una Vienna dominata dal vuoto e in un milieu specificamente viennese, Hofmannsthal avrebbe dovuto diventare prima di tutto un uomo colto: la geniale spontaneità dell’artista fu in lui soltanto una funzione supplementare della sua cultura.

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