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Mash

Mash è una “miscela” coreografica fra due danzatrici – l’italiana Annamaria Ajmone e la cilena Marcela Santander Corvalán – dove la creazione si sviluppa in una relazione ibrida e dinamica e cita performance anni ’60, format televisivi, tutorial di danza ante litteram, all’insegna di una contaminazione fluida che possa creare qualcosa di totalmente nuovo.

CREDITS
year
2018
text
di e con Annamaria Ajmone e Marcela Santander Corvalán
set & lighting design
disegno luci e direzione tecnica Giulia Pastore
music
ricerca sonora e mix Federica Zamboni
production
CAB008 & Fabrik Cassiopée
in collaborazione con Le Quartz | Scène nationale de Brest, Danae Festival nell’ambito di Next 2016 - Regione Lombardia
con il sostegno di Armunia | Festival Inequilibrio | Centro di residenza, MosaicoDanza | Interplay Festival e Fondazione Piemonte dal Vivo
Residenza NaoCrea | Ariella Vidach-Aiep, Residenza Graner | Mercat de les flors
e con il sostegno di MiBAC e Regione Toscana Progetto DE.MO. | Movin’up II sessione 2016

15 dicembre 2018
Teatro Contatto
Udine, Teatro Palamostre
Catastrofe  ore 19 e ore 20, Sala Carmelo Bene
Mash
ore 21, Sala Pasolini
Giulia Tosi Live + DJ set ore 22, foyer
Per tutta la serata menù fusion danza Tx3 al BluBar

Mash
“Con il termine MashUp, in ambito musicale si indica una composizione interamente realizzata miscelando fra loro due o più samples, in modo libero, attraverso l’appropriazione e la manipolazione degli elementi. Mash applica, in parte, lo stesso processo nel territorio coreografico, per creare una nuova dimensione relazionale ibrida, dinamica, in cui nessuna delle due parti si cancella, anzi gli scambi tra di esse sono continui.
Il cabaret di inizio ’900, le prime performance shock rock anni ’60, i format televisivi e gli insospettabili tutorial di danza ante litteram dei primi anni ’90 – riferimenti di provenienza geografica e di genere diversi – costituiscono il mondo da cui abbiamo attinto per realizzare un archivio visivo e concettuale comune, dove tutto è stato mescolato.
Contaminazione è la parola chiave: l’attenzione non si focalizza sullo studio filologico o sulla riproduzioni dei materiali messi in campo, ma sulla dinamica che scatta quando i frammenti si concatenano tra loro generando qualcosa di totalmente nuovo, ricco di significati inediti.

La scena che abitiamo, in costante mutazione, diventa così un luogo di coesistenza che ci appartiene e al contempo ci disorienta, costringendoci ad acclimatarci senza sosta.
La continua dinamica di scambio alla base della performance, una sorta di processo di traduzione simultanea l’una dell’altra, nel suo essere centrifuga separa ciò che si rivela superfluo - e che viene eliminato - dai segni, dai gesti e dalle espressioni inscritte indelebilmente nel nostro alfabeto corporeo. Nasce così un’interforma, composta da una commistione di linguaggi dei quali ciascuna è portatrice, linguaggi che non hanno bisogno di affermarsi, ma, al contrario, nel non imporsi creano i presupposti per accogliere e tradurre l’altro, unica possibilità per generare un incontro vero”.
Annamaria Ajmone e Marcela Santander Corvalán

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